Listen to the interview, at the following link, minute 15:25 ; Interview of Miranda Cortes at Trans Europe Express
Titolo che forse inneggia al massimo significato della sua stessa natura. Si intitola “Il Coraggio” il nuovo e per molti aspetti primo lavoro personale di Miranda Cortes, musicista italo-francese di stanza a Venezia. Fisarmonicista ma anche compositrice a tutto tondo che trova coraggiosamente una via di libertà, di coraggio appunto: un disco impegnativo, decisamente fuori stilemi e categorie ampiamente riconoscibili. Come lei stessa ci dirà: “Ebbene meglio non definirlo e semplicemente ascoltarlo, spesso le etichette possono allontanare gli interessi, l'ignoto invece potrebbe interessare rendendo le persone disponibili ad esplorare ciò che non conoscono, chissà…” Avanguardia che fa da corona ad una fisarmonica tinta di istinto e fascinazione. Tante le derive che dal classico nascono e puntano in un altrove che, sinceramente parlando, non sono capace di definire. Un disco davvero molto interessante, di ricerca del bello, di innovazione paradossalmente antica.
Possiamo dire che questo è il tuo primo disco ufficiale? Un disco davvero tuo come non è mai stato prima altro?
Si, un disco mio dalla A alla Z con le mie composizioni e la mia direzione artistica, in cui suono sia da solista che insieme ad altri musicisti chiamati per l'occasione come il violoncello, il violino, la chitarra elettrica, un quartetto d'archi, l'elettronica...quindi per quanto mi riguarda è un bel traguardo sul quale ragionavo da qualche anno. Questo lavoro discografico completa gli altri nove cd registrati in precedenza, che considero di gran spessore artistico sia per i musicisti con cui ho registrato che per i contenuti artistici in essi contenuti. Già in alcuni di questi Cd compaiono brani scritti da me come in "Ferme tes yeux" (2007) con il mio quartetto LA Frontera, oppure 'Ndar" (2016) con la cantante Rachele Colombo
Eleonora Fuser la citiamo perché madrina anche del video. La maschera, il tango, l’amore, la seduzione… un disco di prossimità questo, un disco caldo… vero?
Eleonora Fuser è un incontro molto importante avvenuto nel 2020 in una produzione teatrale che ci ha visto coinvolte lei come attrice e la sottoscritta come musicista in scena. Ero una sua fan già da lungo tempo, e in quella circostanza ci siamo conosciute ed apprezzate artisticamente. La sua presenza nel video è incisiva, lei indossa la maschera della Strega e volteggia in una danza rituale molto interessante. Infatti il sottotitolo di “Cortango” è "Il Tango della maschera" che ognuno può interpretare liberamente, di certo il video integrale, molto più lungo del teaser, può farci capire molto di più sul significato di questo brano, che solo tango non è... E tutto il disco è in fin dei conti una grande ricerca guidata da un filo rosso, la trasformazione o ancora meglio la metamorfosi del suono, dove il primo brano acustico "Sempre" evocatore della bellezza lagunare veneziana si collega all'ultimo "La Terre et le Ciel" in cui l'elettronica penetra e trasforma il suono al naturale della fisarmonica e dona un'immagine visiva proiettata in una nuova dimensione
Che poi sembra davvero essere un suono in controtendenza anche ai tempi e alle abitudini: siamo nel tempo delle distanze e delle etichette per confezionare tutto. Io, invece, sinceramente non saprei come definirlo questo disco…
Ebbene meglio non definirlo e semplicemente ascoltarlo, spesso le etichette possono allontanare gli interessi, l'ignoto invece potrebbe interessare rendendo le persone disponibili ad esplorare ciò che non conoscono, chissà... vorrei essere ottimista da questo punto di vista e credere che la semplificazione del pensiero in atto ormai da un bel po' di tempo non coinvolga la maggioranza, e che invece siano molte le persone interessate a darsi da fare per assaporare il Bello. Mi rendo conto di aver prodotto un lavoro fuori dagli standard, ma ho riversato in lui tutto il mio amore per ciò che amo fare da molti anni, suonare e comporre. La mia ricerca come Artigiano dei Suoni significa lavorare meticolosamente in un laboratorio lontano dai riflettori della mondanità, in cui la verità del proprio fare assume il compito di diventare manifestazione del sè e allo stesso tempo dono per il prossimo. La Bellezza delle arti non può che elevare le menti e permette loro di volare lontano, e questo non accade nelle forme standardizzate, dove la ripetizione diventa un mantra meccanico di distrazione, svuotato da riflessioni in ciò che si ascolta.
Dal vivo stai suonando? Ora che si sono riaperte le gabbie ti vedremo anche live?
Magari si, anche se questa non è la mia preoccupazione maggiore in questi tempi abbastanza aridi ... e purtroppo, come ben dici si sono riaperte le gabbie, e pure con il QRCode. Pertanto suonare perché? Dovremmo chiederci ancora una volta: qual'è lo stato dell'Arte oggi? A che cosa serve? A riempire le gabbie? Personalmente ritengo che ad oggi l'arte di strada sia la più onesta da percorrere in questa fase, stare in un contatto vicino con la gente, cercare l'aggregazione sincera delle persone, parlare e scambiarsi i propri pensieri. Ogni opportunità in questa direzione può rappresentare ciò che in questo momento m'interessa di più.
Titolo ambizioso e sicuramente gonfio anche di una certa nostalgia di un giornalismo della vecchia generazione. Eppure volevamo certamente correre parallelamente all’ambizione che ritroviamo dentro un disco come “Il Coraggio”, primo vero ed ufficiale lavoro per la musicista Italo-Francese Miranda Cortes che con la RadiciMusic Records ci restituisce un disco decisamente impegnativo e fuori dai ogni canone, utili riferimenti all’ascolto e all’orientamento per ognuno di noi. La sua fisarmonica la fa da padrona, ma è la forma canzone che cessa di esistere (quasi sempre almeno) lasciando spazio a derive di altro tipo. Un disco pregno di teatro, se mi si concede il lusso di questa visione. Teatro nel concepire il suono, così come nel modo di portarlo in scena (si veda poi il video di “Cortango” con la splendida Eleonora Fuser). “Il coraggio” è sicuramente un lavoro che farà stridere il politicamente corretto e forse non avrebbe tanto da perdere di fronte a titoli così gonfi di scena o a parole ampiamente usurpate come “avanguardia”. Di certo ci si leva le maschere e si vive una libertà compositiva che piano piano sta affiorando dentro tantissime nuove scritture italiane della scena indie.
Un lavoro impegnativo anche dal punto di vista sonoro. Parliamo della produzione. Come l’hai realizzata e vissuta in questo tempo di pandemia?
Il lavoro di produzione è stato un inusuale “adagio”. Da fine agosto 2020 a marzo 2021 sono accadute numerose peripezie legate alle restrizioni insensate che si succedevano di mese in mese, alle quali ho dato un senso grazie al mio estro creativo e alla mia capacità di adattamento all’inaspettato, forte di avere la direzione artistica di tutto il lavoro.
Che poi molto di questo suono, immagino, debba nascere dal vivo o comunque da una ripresa in diretta o sbaglio?
In questo caso no, desideravo lavorare sul suono perché questo lavoro è nato sulla ricerca del suono, vedi Cortango, in cui la seconda parte è pura sperimentazione, oppure l’intreccio degli assoli tra la chitarra e la fisarmonica in Il Treno; la prima e l’ultima composizione, Sempre e La Terre et le Ciel, rappresentano rispettivamente la presentazione di quello che accadrà nell’album e l’inizio di quello che accadrà in futuro. Pertanto il lavoro in studio sul suono è stato fondamentale.
Parlaci dell’elettronica del disco: come l’hai scelta e come l’hai utilizzata?
L’incontro con il compositore Simone Faliva è stato determinante per realizzare questa parte del lavoro discografico. Ho da subito apprezzato la sua produzione musicale, fortemente incentrata sulla musica elettronica, e non potevo non proporgli di realizzare un brano insieme. Inoltre, ho affidato a lui la cura del suono e le fasi di lavoro per la realizzazione dell’album presso il suo studio di registrazione “Oscillazioni”
Tanta sperimentazione, molti parlano anche di psichedelia… tu come ti rapporti a queste direzioni? Ti senti un’artista psichedelica?
In generale evito le definizioni… personalmente mi sento un Artigiano dei Suoni e lavoro nel mio laboratorio con meticolosità e tanta voglia di fare ricerca. Tuttavia in Cortango, La Terre et le Ciel, Valse Lunaire, Sempre e Il Treno sono presenti dei momenti in cui ho sperimentato, anche in modo folle, i colori della gamma sonora e i diversi timbri strumentali. Non rinnego l’influenza della musica contemporanea nella mia scrittura in particolare lo studio di Sofja Gubaidulina, che ha probabilmente inciso sulla mia concezione sonora nelle virate compositive presenti nell’album.
E quando parliamo di “pop” molti storcono il naso. Sono forme consuete e io le ho ritrovate anche dentro questo disco. Tu cosa ne pensi?
La scrittura pop degli ultimi anni è, fatta eccezione rari casi, uno standard frutto di calcoli fatti a tavolino e, in quanto tali, facilmente riconoscibili e replicabili. Direi che nel mio lavoro è presente una “pillola” pop in Le Tarn, che fa riferimento al secondo Novecento, periodo in cui questo genere di musica si caratterizzava da arrangiamenti di qualità, che hanno lasciato un segno nell’immaginario collettivo. Non a caso ho volutamente deciso di fare un omaggio all’insuperabile cantautore francese Jacques Brel, la cui musica era densa di arrangiamenti davvero straordinari.
Un altro video in arrivo? Come ti rapporti a queste forme tutt’altro che coraggiose di espressione? Forme ormai doverosamente omologate in questo tempo…
Ad oggi ho realizzato un solo video, “Cortango”, e in effetti dovrei recuperare il tempo perduto e dedicarmi a girarne di nuovi, quindi non disdegno la possibilità di utilizzare questa forma artistica, considerando che la teatralità fa parte del mio stare nella musica da sempre. In ogni caso il video integrale di “Cortango” (da non confondere con il teaser) ha visto la speciale partecipazione di un’attrice istrionica, Eleonora Fuser, Maestro della Commedia dell’Arte veneziana e della Maschera, che in questa occasione indossa la maschera della Strega, trasformando “Cortango” nel Tango della Maschera.
Ritroviamo Miranda Cortes che avevamo presentato in anteprima su Extra! Music Magazine con un video allegorico e teatrale a custodire il suono e la ricerca di “Cortango”… o meglio una parte di esso, forse la più fruibile e la meno sfuggente. Lasciamo la superficie ora e immergiamoci, guidati dalla sua voce in questa lunga intervista, nell’ascolto di un lavoro che sfacciatamente punto più verso l’avanguardia che al tutto e subito di una soluzione facile del mercato. Si intitola (quasi didascalicamente) “Il Coraggio”, lavoro che l’artista francese ha scritto liberandosi di maschere e di vincoli, liberando l’estro e l’ispirazione. Dentro un disco in cui impera la fisarmonica come attore principale e non unico ovviamente, è facile perdere l’orientamento ma altrettanto inutile ancorarsi ai soliti stilemi per raggiungere una ratio a tutto. L’invito è aperto a tutti i coraggiosi ben pensanti ancora capaci di curiosità e di spirito critico per la musica non confezionata dal grande mercato. Che poi il passo dall’arte alle problematiche sociali è assai breve. E infatti saranno spesso questi i toni della nostra conversazione. Inevitabilmente direi anche… “Fare Arte è un atto di profonda onestà e amore per la vita, un risveglio dal torpore mediatico e propagandistico senza senso a cui spesso si soccombe” (Miranda Cortes)
Ti ritroviamo Miranda dopo l’anteprima del video di “Cortango”. Che tra l’altro quel video è un estratto del brano che è assai più lungo. Come mai questa scelta?
“Cortango” dura 5m 46sec., l'ho scelta perché considero il titolo come una piccola “trappola”, ovvero, il tango si fa avanti per la prima parte, ma nella seconda parte si trasforma radicalmente in pura sperimentazione, una mia visione sonora rimbalza nell'ignoto. Di fatto il tango è solo un pretesto per aprire le danze di questi quasi 6 minuti di musica. Ho attribuito anche un sottotitolo a questa composizione: il Tango della Maschera del terzo Millennio, grazie alla maestria di Eleonora Fuser, che nel video interpreta una danza in codice insieme a me.
Eleonora Fuser è un punto fermo del video. In qualche modo lei e la sua arte hanno ispirato parte del brano o dell’intero disco?
La partecipazione di Eleonora Fuser è un valore aggiunto per il video di “Cortango”, non compare negli altri brani del disco. La sua partecipazione mi ha dato la possibilità di ispirarmi al cinema d'essai per il tipo di ripresa e di immagine utilizzati con lei. Eleonora è un Maestro della maschera, una grande interprete della commedia dell'Arte veneziana, la sua presenza conferisce un grande valore artistico alle ragioni estetiche e divulgative del video. La sua danza rafforza la sperimentazione del brano così come il video integrale, di circa 6.20 minuti, presente anche questo su youtube, si apre con un'introduzione della Fuser nel raccontare la maschera della strega da lei inventata negli anni '80, maschera che indossa proprio in questo video. La versione integrale è importante da vedere perchè consente di comprendere meglio la poetica di Cortango.
Ma non solo tango dentro questa tracklist vero?
Infatti e aggiungo anche per fortuna! La varietà in questo Cd non manca, questo riflette la mia personalità del vivere ogni cosa come un caleidoscopio, la mia eterna curiosità mi ha sempre portato ad esplorare il più possibile, senza confini, senza gabbie mentali, per l'amore della ricerca.
Ci arriva forte la sensazione di avere tra le mani un disco che somiglia più alla dimensione di verità che hai della musica. Come a dire: ora vi faccio sentire quello che ho in testa. Forse più che di coraggio, il titolo avrebbe dovuto inneggiare alla libertà?
Sono valori interdipendenti, e di sicuro ci vuole coraggio per vivere in un stato di verità, ovvero di profonda onestà intellettuale e di amore per quello che si fa, escludendo secondi fini materialistici di breve durata, o il sentimento della paura, che quotidianamente invade le nostre case e la nostra mente. Nella mia testa so di appartenere alla schiera degli Artigiani Artisti, sono fra quelli che riconoscono nella Natura la dimensione artistica più autentica e del tutto eccezionale con la grandiosità delle sue montagne, dei suoi fiumi, laghi, gli infiniti colori dei cieli e della flora di ogni latitudine, le incredibili specie animali... contemplare la bellezza del pianeta Terra e cercarla nella nostra opera e nella nostra vita è uno stato di Verità. A Venezia ho il privilegio di vedere quotidianamente questa bellezza insieme all'imponenza artistica costruita dall'uomo quando il prestigio di una Repubblica come la Serenissima era al servizio del Bello. Per questo non può non esistere un filo rosso in questo album, la sua struttura palindroma con il primo brano “Sempre”, in cui l'Adagio iniziale viene riproposto identico anche nel finale dell'ultimo brano, “La Terre et Le Ciel”, chiude un ciclo di composizioni in cui ho qualcosa di chiaro da dire e chi entra in risonanza con la mia musica, si sente “toccato” nel profondo. Fare Arte è un atto di profonda onestà e amore per la vita, un risveglio dal torpore mediatico e propagandistico senza senso a cui spesso si soccombe. Nel 2019 scrissi in un mio libro una riflessione che potrebbe ulteriormente chiarire la tua domanda: ”capire in profondità se si voglia intendere Arte come Technè, ovvero come nutrimento della propria vita immersa nella verità o Arte come come gratificazione esterna al sé, affine alle mode, ai desideri delle giurie specialistiche e al grande pubblico. Si apre dunque un dibattito etico intellettuale di fondamentale importanza sulla dimensione artistica tra l'essere pago della propria creatività nel senso “artigianale” del termine anche se a costo di grossi sacrifici, o rendersi invece gradito alla corte”. (L'inevitabile Incontro)
Oggi la vita non da tempo e spazio all’avanguardia. Tu come ti rapporti e come pensi che viva un disco così impegnativo?
Più che la vita, direi sia il Sistema Uomo a non dare spazio a ciò che è verità, ovvero la Vita come ricerca, conoscenza e amore. Da decenni l'industria culturale punta ad una semplificazione delle coscienze, e l'accelerazione tecnologica in corso invade sempre più le nostre vite; una società digitale che considera la persona un mezzo per la prestazione che può fare e non un fine per quello che è veramente. L'avanguardia del dopoguerra produsse un movimento culturale nuovo e stimolante, ma con il passare degli anni si isolò in una torre d'avorio con fredde elites intellettuali che abbandonarono completamente la funzione comunicativa e mutarono la produzione artistica in un esercizio di stile. La mia produzione artistica, pur utilizzando forme musicali distanti dal pop, vuole aprire un canale di comunicazione con il pubblico, stimolare la curiosità, porre delle domande, elevare la mente. L'identità umana non è quello che la fabbrica del consumo vorrebbe farci credere, un ibrido di istinto e paura, dentro di noi esiste una coscienza armonica che va nutrita e amata. Questo è lo scopo di un disco “impegnativo” come il mio, sequestrare le persone sul divano ad ascoltare circa 50 minuti di musica artistica… pensiate sia possibile?
Si intitola “Il Coraggio” questo nuovo disco (e per certi versi un primo vero lavoro personale) di Miranda Cortes, musicista, scrittrice, ricercatrice del suono e della forma. Una pubblicazione che non stupisce nel vederla firmata dalla RadiciMusic di Firenze, label che ha sempre sottolineato culturale e libera espressione e di certo qui la storia si ripete con un disco assai difficile, quantomeno all’orecchio quotidiano abituato a ben altre dinamiche e colori. “Il Coraggio” mescola fisarmonica e colorazioni di tango argentino all’elettronica e alla psichedelia più visionaria. Interessante ritrovare in scena la danza di Eleonora Fuser, madrina della commedia dell’arte, che qui interviene nel video ufficiale che riporta in scena un estratto del singolo “Cortango”.
Inevitabile misurarsi con un disco così privo di appigli quotidiani. Dunque la domanda provocatoria è questa: cosa pensi del pop e che rapporti hai con la musica commerciale?
Intanto grazie per il complimento, ovvero che la mia musica sia priva di appigli quotidiani, perché così dicendo confermi la mia unica intenzione, ovvero quella di fare Arte con produzioni musicali uniche e aggiungo un pensiero: “capire in profondità se si voglia intendere Arte come Technè, ovvero come nutrimento della propria vita immersa nella verità o Arte come come gratificazione esterna al sé, affine alle mode, ai desideri delle giurie specialistiche e al grande pubblico. Si apre dunque un dibattito etico intellettuale di fondamentale importanza sulla dimensione artistica tra l’essere pago della propria creatività nel senso “artigianale” del termine anche se a costo di grossi sacrifici, o rendersi invece gradito alla corte”. Ho scritto questa riflessione in un mio libro intitolato “L’inevitabile Incontro” pubblicato nel 2019 in cui affronto tra le varie cose, l’evoluzione della dimensione artistica nei secoli.Per me la composizione è fare ricerca, abbozzare, scrivere con la mia matita 8B, correggere, strappare gli spartiti e ricominciare da capo finché non trovo la bellezza davanti ai miei occhi e dentro il mio respiro. Mi sento un Artigiano dei Suoni, che lavora con cura e fatica nella sua bottega invisibile lontana dai riflettori. Il Pop è una macchina da soldi, strutture standard pianificate a tavolino e ripetibili all’infinito, forma e contenuti di facile ascolto, tende ad impigrire l’ascoltatore e lo abitua ad essere fondamentalmente distratto, per “consentirgli” di fare contemporaneamente mille altre cose…. però una mezza lancia va spezzata… ! La musica di consumo di massa nasce in un periodo storico in cui c’erano mille mutamenti in corso, sogni da inneggiare, il secondo novecento produce un’industria discografica/culturale senza precedenti con evergreen bellissimi made in Uk, made in USA, made in Italia, made in France, in Brasil, canzoni belle… Con il terzo millennio la contaminazione del melting pot e la tecnologia del copia incolla uccide l’umanità della canzone, e tutto diventa per la maggior parte delle volte “un già sentito”
In Italia almeno, esistono pochissime donne dedite al bandoneón e alla fisarmonica vero? Almeno per noi risulta qualcosa di poco consuetudinario come d’altronde lo sono dischi come “Il Coraggio”…
Gli strumenti a mantice sono di tanti tipi, la concertina, la konzertina, l’organetto, il bandoneon ecc. io sono polistrumentista, però il mio strumento principale che suono da sempre è la fisarmonica, lei è il mio vestito. In questo lavoro ho voluto far sentire una fisarmonica diversa…la prima cosa che mi disse Aldo Coppola della RadiciMusicrecords, dopo un primo ascolto di alcuni brani fu: “ ma questa non è la solita fisarmonica!” Si, non lo è! Suono il mio strumento con la volontà di sperimentare nuove sonorità, nuovi colori, e quindi “Cortango”, il cui titolo ci rimanda ad uno stile musicale ben noto, di fatto ne da solo un accenno per diventare nella seconda parte pura sperimentazione, “Il Treno” è rock condito di psicadelia tra oscillazioni del mantice e suono distorto della chitarra, “La Terre et le Ciel” è di nuovo sperimentazione con fisarmonica e elettronica, “Sempre” insieme a “Prière dans la nuit” è una scrittura classica, “Le Diable ça va” è un omaggio teatrale a Jacques Brel, “Le Tarn” è l’unica pillola volutamente più “facile” da ascoltare senza “sequestrare” le persone sul divano, ovvero si potrebbe anche ballare!
Ma se ti dicessi che dentro questo lavoro c’è molta psichedelia e moltissimo rock? Cosa mi risponderesti?
Risponderei che hai proprio ragione! In questo lavoro ho sintetizzato tanti anni di esperienze artistiche e il rock l’ho suonato parecchio con la mia fisarmonica! Ho sperimentato senza limiti questo strumento in tutti i tipi di repertori, dal live electronics al punk, dal rock al combat folk, dal tango al blues, m’interessava la ricerca del suono a 360 gradi, senza limiti …ma va detto che si sentono anche altre influenze come la musica contemporanea, il folk, la musica classica, le tradizioni del Mediterraneo, senza dimenticare la mia passione per la musica cantautoriale francese con Jacques Brel
Dal vivo? Che tipo di suono porterai in scena?
Il repertorio viene proposto in duo con un violoncello, l’amalgama del suono funziona alla perfezione e tutti gli arrangiamenti si esprimono pienamente
Eppure la copertina del disco è assai classica… come l’hai pensata?
Una coincidenza, un giorno il fotografo Mario Lunetti con cui è stato realizzato tutto il servizio fotografico del disco, mi mostrò una sua foto di qualche anno prima, rimasi immobile, un’emozione forte mi sussurrò che quella poteva essere la copertina del mio nuovo album: dei piccoli papaveri rossi, esili e sgargianti, incurvati dalla forza del vento ma talmente resistenti da non rompersi … me ne innamorai all’istante.
Miranda Cortes è italo francese di identità ma anche di eleganza nel modo che ha di pensare alla musica. Ma poi anche spagnola, anzi argentina se proprio mi vien da pensare ad un luogo, argentina per il modo che ha di pensare alla forma, al colore, al carattere spigoloso di passione che mette dentro gli angoli della sua composizione. Avanguardia compositiva per la fisarmonica (composizioni che accolgono anche molto altro) in questo disco uscito per la RadiciMusic dal titolo “Il Coraggio” dentro cui svettano noti adagi di grandi movimenti classici che pongono però solo le basi per tanto altro. In rete il video ufficiale di “Cortango” dentro cui si posa l’arte e la maschera di Eleonora Fuser.
Ormai sei italiana a tutti gli effetti… possiamo dirlo? Cosa hai rubato dal nostro paese, musicalmente parlando?
Rubare con gli occhi, forse, ho interiorizzato magnifici paesaggi, incantevoli luoghi della storia, tra cui Venezia la città dove vivo, sono fonti inestimabili di ispirazione artistica, i luoghi creano tanta musica nella mente…. Italiana, non mi sento tale, ma nemmeno di un’altra nazionalità, mi definisco apolide, una persona del pianeta Terra non vincolata a dei confini geografici, una cittadina del mondo e riguardo alla musica, l’Italia non manca certo di stimoli dal repertorio classico contemporaneo alla musica di grande ascolto offerta da giganti come Giorgio Gaber, Lucio Dalla, Rino Gaetano, Franco Battiato, Paolo Conte.
Eleonora Fuser tra le pieghe di questo lavoro… la maschera e la commedia dell’arte. Come si incastrano nel disco di Miranda Cortes? Perché questa connessione?
Seguo il lavoro di Eleonora Fuser da tanto tempo, la sua bravura è ineccepibile nella recitazione con e senza la maschera. La commedia dell’arte ha impegnato una larga fetta della sua vita professionale e vederla recitare è proprio un gran piacere. Da un paio d’anni lavoriamo insieme in uno spettacolo teatrale, in cui mi occupo delle musiche in scena, e questa è stata l’occasione per conoscerci, apprezzarci a vicenda alimentando una bella amicizia, e così le ho chiesto la sua collaborazione nel video del Tango della Maschera, Cortango, visibile on line. Cortango è il tango del terzo millennio, il tango della Maschera e in questo video la Fuser indossa la maschera della Strega da lei “coniata” negli anni Ottanta, quando la Commedia dell’Arte, ancorata alla tradizione, non proponeva nessun personaggio femminile.
Quanto di questo suono è direttamente connesso alla tua vita? Quanto cioè questo disco quanto parla della tua vita?
Molto e inevitabilmente direi, la musica è un prolungamento di se stessi, anche quando si suona musica scritta da altri compositori, è sempre l’espressione di sé, di un proprio modo di vedere il mondo, delle proprie visioni. Con questo lavoro ho voluto esprimere una verità profonda che si esplica con il suono d’insieme degli strumenti, con la mia voce, con i testi che ho scritto. Un ascolto attento, di chi è disponibile a concederlo, può entrare in una verità di suono in cui passa un messaggio molto forte, sta a chi ascolta capirlo lentamente e con un buon stereo…La metamorfosi e la deformazione sono il fili conduttori che collegano tutti i brani, dalla risonanza del suono acustico alla saturazione del suono digitale, così come accade per l’identità umana nelle tappe del transumanesimo attualmente in corso.
Il rosso torna sempre. Il rosso della passione, del coraggio, del tango… è un caso?
Non è un caso, il rosso è sempre e comunque il mio colore preferito, per questo ricorre un po’ dappertutto come il “prezzemolo” dicono qui in Veneto. Poi l’anno scorso il fotografo Mario Lunetti mi mostrò una sua foto che teneva in archivio, è stato un amore in prima vista, subito capii che quella poteva essere proprio la foto di copertina del mio nuovo album: dei piccoli papaveri rossi, esili e sgargianti, ma resistenti al vento… ovvero l’essenza del coraggio, titolo a questo lavoro che narra in musica di questo principio di vita.
Dal vivo, ora che abbiamo intravisto la luce di questa pandemia? Cosa accade nella tua carriera in questo momento?
Francamente non ho questa percezione, la luce mi sembra ben lontana per quanto sta accadendo in questo paese e non mi riferisco alla pandemia, ma alle fondamenta di uno stato democratico in dissoluzione. Personalmente mi definisco un Artigiano dei suoni, lavoro nel mio piccolo laboratorio per l’amore del mio mestiere e gli artigiani, come ben sappiamo, sono invisibili eppure sono quelli che costruiscono le incantevoli città d’arte del vecchio continente… fare Arte è uno stato di verità, non un abbaglio
Oggi mettiamo in scena un Tango con derive altre, tra futurismi digitali e quel gusto antico di una fisarmonica che cerca, anche nel suo, di fare ricerca, di uscire dalle stesse forme classiche a cui attinge ispirazione per cementare la spina dorsale. Come a dire: da un punto fermo si parte e da li si inventa il resto del viaggio. Un disco difficile che però porta con se un bagaglio di cultura e di espressione davvero impressionante. E vi avvisiamo: un linguaggio assai lontano dalle nostre abitudini. Splendida Miranda Cortes e questo suo disco dal titolo che mantiene le sue promesse: “Il coraggio”. Altra grande pubblicazione della RadiciMusic di Firenze, altra grande scommessa contro una musica sempre più liquida, scontata e scarsamente ispirata.
Iniziamo sempre questa rubrica pensando al futuro. Futuro ben oltre le letterature di Orwell e dei film di fantascienza. Che tipo di futuro si vede oltre l’orizzonte? Il suono tornerà ad essere analogico o digitale?
Sarà magari anche spaziale visto l’inarrestabile avanzamento della tecnologia nella vita umana. Il Futuro…chissà voleremo liberi su dei tappeti volanti, oppure saremo tutti schedati con un Qrcode….il futuro si costruisce con il pensiero collettivo della gente fatto di valori irrinunciabili come il rispetto, l’amore per il prossimo, la ricerca della verità e di sicuro le premesse attuali non sono confortanti. La qualità della comunicazione sui media si è abbassata ai minimi storici e sappiamo che i media possono ammaestrare a suo piacimento il pensiero collettivo. Ma per fortuna l’identità umana si caratterizza anche per il suo pensiero divergente, e può sottrarsi con creatività dal ripetere slogan di facciata con nessuna sostanza alle spalle …. Suono analogico o digitale o quello che sarà, poco importa, il mercato deve sempre far girare i soldi, ma noi troveremo sempre un’unica verità di suono nella più grande dimensione artistica mai esistita : la Natura.
I dischi ormai hanno smesso di avere anche una forma fisica. Paradossalmente torna il vinile. Ormai anche il disco in quanto tale stenta ad esistere in luogo dei santi Ep o addirittura soltanto di singoli. Anche in questo c’è un ritorno al passato. Restiamo ancora dentro al futuro: che forma avrà la musica o meglio: che forma sarebbe giusta per la musica del futuro?
Intanto direi che torna il vinile si, ma per una nicchia di amatori nostalgici! Il cd sta lasciando il posto ad un codice a barre, e il libretto da tenere nelle mani con i testi da leggersi in santa pace non c’è più. Tutto scaricabile, con il massimo della velocità. I singoli sono una strategia per avere una minima percentuale di entrata economica, visto il crollo dei diritti d’autore sulle visioni on line. Per quanto riguarda la musica, non esiste il passato o il futuro, è una pratica ancestrale di cui nessuna civiltà in passato e nel presente si sia mai privata proprio perché indispensabile per il vivere umano. Indispensabile in quanto verità artistica e in quanto tale immortale, ciò che non rispecchia questo criterio passa o passerà nel dimenticatoio, com’è giusto che sia.
La pandemia ha trasposto il live dentro incontri digitali. Il suono è divenuto digitale anche in questo senso… ormai si suona anche per interposto cellulare. Si tornerà al contatto fisico o ci stiamo abituando alle nuove normalità?
Ci si sta abituando ad una qualità edulcorata a suon di schede audio, digitalizzazioni e quant’altro, ma nulla potrà mai sostituire la magia del suono acustico, il linguaggio del corpo fatto di respiri, sguardi, ammicamenti, sorrisi, e la complicità del pubblico. La musica è una dimensione dell’essere e non una sua contraffazione, pertanto “nuove normalità” mah…, forse chi vuole illudersi desidera utilizzare questa proiezione, personalmente percepisco la rassegnazione.
Ed è il momento di parlare di questo nuovo progetto di Miranda Cortes. Un disco di avanguardia, di suoni classici, che dal tango al jazz spaziano anche verso il blues, il pop e l’elettronica. Ci ho trovato tanto dentro… di sicuro è un disco che richiede ascolto. Come si inserisce dentro una scena ampiamente devota alla musica leggera digitale, immediata e quasi sempre densa di contenuti superficiali?
In effetti fa un po’ fatica ad inserirsi in questa collocazione…, si propone come un lavoro unico di ricerca e chiede la disponibilità ad essere ascoltato per intero, con pazienza, perché ha un messaggio da dare a noi tutti! Il primo brano “Sempre” è deliberatamente lento, quasi da far saltare i nervi a chi inneggia la velocità e il frastuono, eppure se ascoltato fino in fondo ritrae una pennellata magica della laguna veneziana con i suoi gabbiani e i suoi riflessi acquei. “Cortango”, il terzo brano, è un accenno di tango ma si trasforma poi in sperimentazione tra violoncello e fisarmonica. “Prière dans la Nuit” ha una forma classica, complice il quartetto d’archi, e rappresenta le mie passeggiate notturne a Venezia, quando il tempo si ferma e la notte diventa un grande schermo di stelle e di palazzi marmorei. Chi si rende disponibile ad ascoltare senza prigioni mentali questo lavoro discografico sentirà risuonare dentro di sé un pensiero.
E poi tutti finiamo su Spotify. Parliamo tanto di lavoro ma alla fine vogliamo finire in un contenitore in cui la musica diviene gratuita. Non sembra un paradosso? Come lo si spiega?
Eh già, un grazie con inchino ai giganti della distribuzione digitale, il mestiere del compositore indipendente privo di retribuzione, cancellato. Chi fa arte con la devozione e la pazienza di un artigiano auspicherebbe che la sua musica fosse remunerata come un qualsiasi altro lavoro, dal momento che occorre investire molto denaro per finanziare un prodotto artistico. Spotify e altre piattaforme simili rappresentano il rovescio della medaglia del mondo tecnologico confezionato da velocità, praticità di sicuro e visibilità?forse…
Dunque apparenza o esistenza? Cos’è prioritario oggi? La musica come elemento di marketing pubblicitario o come espressione artistica di un individuo?
Esistenza a tutti i costi, altrimenti cosa ci facciamo su questo pianeta e soprattutto che razza di vita vogliamo vivere? Dalla mia infanzia ad oggi, la musica è sempre stata un cammino di riflessione, suonare è faticoso per l’impegno che rappresenta, e al tempo stesso è un momento di liberazione e di crescita personale, perché inevitabilmente si continua a dialogare con la materia sonora quando essa ti comunica messaggi profondi e frequenze che penetrano nella nostra pelle e nella nostra dimensione più intima. L’industria culturale dagli anni ’60 aveva prodotto indimenticabili evergreen, simboli di periodi storici di pseudo emancipazioni sociali, nell’ultimo ventennio c’è il deserto, un copia- incolla continuo, un livellamento asettico del gusto medio, poco nulla che possa risvegliare le menti, piuttosto un’ anestesia ricettiva, e così non c’è nulla da sorprendersi se la gente non riesce a sedersi e a concentrarsi su qualcosa di diverso dalle proprie abitudini quotidiane.
A chiudere, da sempre chiediamo ai nostri ospiti: finito il concerto di Miranda Cortes, il fonico cosa dovrebbe mandare per salutare il pubblico?
Jacques Brel ad esempio, visto che uno dei brani contenuti nel mio cd, “Le diable ça va” , è proprio un omaggio dedicato a questo straordinario cantautore belga trapiantato in Francia, oppure Aquarium Venitien, una mia composizione che suonai con Gianni Coscia nell’album “‘Ndar”, registrato con la cantante Rachele Colombo nel 2016.
Parliamo di avanguardia direbbe qualcuno… anche se lo stesso qualcuno forse ha iniziato ad abusarne. Spesso le parole sembrano assai convenienti quando fanno scena. Eppure, almeno per questa volta, non credo che sia così fuori luogo questa parola. Derive del tango, derive del Jazz e derive del Blues – occhio però a dare a tutte queste etichette di genere un senso alto e spirituale più che di forma e di regola. Parliamo di Miranda Cortes, parliamo di un disco come “Il Coraggio”, nuovo capitolo firmato dalla sempre preziosa RadiciMusic che investe attenzione sulla cultura e sulle mille espressioni del linguaggio musicale. E questo disco è ostico, difficile, privo di appigli comuni. La libertà della fisarmonica della Cortes incontra tutto il resto dentro forme decisamente di avanguardia, quasi psichedeliche delle volte. Come in “Cortango”, come in questo ballo della maschere, ricco anche di un video che immortala la magistrale presenza di Eleonora Fuser. Un ascolto che richiede una dedizione che oggi facciamo fatica a trovare… e la colpa è soltanto nostra.
Disco di avanguardia. Decisamente una parola calzante anche se sono tantissimi coloro che pensano che l’avanguardia sia morta. E trovo che con te l’argomento sia davvero gustoso… cosa ne pensi?
Avvicinare il mio lavoro all’avanguardia è un complimento, in fondo è stato un movimento musicale di protesta e di rottura degli schemi compositivi convenzionali di grande importanza, una ricerca agli estremi indagabili che alla fine si è isolata in una torre d’avorio ma ha lasciato un segno indelebile nella nostra storia. La fisarmonica ha ottenuto la sua emancipazione nel mondo accademico proprio grazie alla Nuova Musica ottenuta da questo periodo di di avanguardia e noi fisarmonicisti siamo riconoscenti d’aver potutto utilizzare il nostro strumento in modo nuovo, valorizzando il suo potenziale fonico espressivo. “Cortango” contiene questo pensiero di ricerca, nella seconda parte del brano, utilizzo lo strumento proprio secondo le sonorità della Nuova Musica, così anche per “Sempre”, “La Terre et le Ciel”.
Che poi ad ascoltare il lavoro spesso ti ancori a strutture e modi classici per avventurarti altrove, un poco, con “coraggio” ma sempre per tornare “all’ovile”… sbaglio?
L’ovile… vediamo… Nel mio caso potrebbe essere la mia appartenenza ad una certa poesia musicale, i miei amori notturni trascorsi ad ascoltare per ore e ore musica con musicisti, cantautori e compositori, senza dimenticare l’ importanza per il silenzio. Tutti assimiliamo ciò che studiamo e lo riproduciamo nelle nostre proprie realtà personali. Negli anni ho sempre esplorato differenti linguaggi musicali, spesso agli antipodi, scoprire nuovi mondi è sempre stato un bisogno interiore pressante, una conoscenza di vita nella ricerca del diverso, e questo mi ha consentito di rielaborare un mio linguaggio personale strettamente collegato alla mia biografia.
L’elettronica di questo disco sembra un vessillo, un elemento che in alcuni tratti “stona” nel senso che questo disco ha davvero una forza trasgressiva nel suono analogico degli strumenti. Cosa ne pensi?
Potrebbe essere visto anche in questo modo…, L’elettronica ha una valenza simbolica e non a caso è inserita nell’ultimo brano! La mia intenzione sta nel raccontare la metamorfosi del mio strumento, dal primo brano dell’album in cui la fisarmonica in simbiosi con la laguna veneziana si esprime con tutta la sua potenza espressiva grazie alle grandi aperture di mantice, al suo connubio con gli strumenti ad arco come il violoncello, il violino, e poi con una chitarra elettrica volutamente distorta in modo quasi esagerato nei brani successivi. Infine avviene la metamorfosi che si manifesta pienamente nell’ultimo brano “La Terre et le Ciel” in cui compare l’elettronica e la cui funzione è proprio quella di trasformare definitivamente il suono dello strumento a mantice. Questa trasformazione o deformazione sonora corrisponde anche ad una trasformazione del pensiero umano, dall’analogico al digitale.
Dunque edulcorando il titolo, il coraggio per te sta anche ne pubblicare oggi un disco simile?
Si, questo titolo richiama certamente il valore etico di questa parola che si può esprimere con pensieri e azioni, e per me è stato anche quello di pubblicare questo lavoro con le mie forze. Ho riversato ciò in cui credo , i capisaldi del mio pensiero, perciò esprime molto di più che delle stanze sonore.
Cosa rispondi a chi ti dice che ormai non c’è più la forza della gente nel star seduti a concentrarsi su qualcosa che ha un linguaggio davvero lontano dall’immediato?
Rispondo che purtroppo è così! Se pensiamo a Davide, re d’Israele, che trascorreva delle ore ad ammirare le stelle del cielo in profonda meditazione, ebbene potremmo chiederci a che punto siamo noi che poco le vediamo le stelle nelle città frenetiche in cui viviamo… La qualità della vita, della comunicazione, la capacità di rielaborare le informazioni, la disponibilità alla conoscenza e la riflessione sui valori della vita umana sembrano sfumare sempre più in virtù di pensieri affrettati dettati dall’emotività e non dal ragionamento ponderato. Il Novecento è stato con l’avvento della tecnologia il secolo dell’accelerazione da tutti i punti di vista e questo primo ventennio del terzo millennio è quello dell’assuefazione con soffocamento virtuale: a questo punto siamo strangolati dalla tecnologia, dal suo potere, occorre “usare e gettare”, trovare svaghi a tutti i costi per non pensare troppo, fingere di non vedere, di non capire…
Ha raccolto ogni cosa contenesse il suo grandissimo bagaglio di cultura e di incontri musicali e lo ha rovesciato con arte e gusto dentro il suono libero di questo che per molti aspetti è il suo primo vero lavoro personale, identitario, foriero di personalità e anche di femminile fragilità. Si intitola “Il Coraggio”, opera strumentale di Miranda Cortes, musicista francese ormai naturalizzata italiana che affida alla fisarmonica e al Bandoneón la potenza della sua lirica… strumenti che in questa scena nostrana sono spesso associati a musicisti maschili. Un disco dentro cui vivono soluzioni orchestrali, dal tango alla tradizione popolare finanche, come ci dirà anche lei, al rock o alla canzone francese d’autore. E sottolineiamo la presenza della gran Maestra della Commedia dell’Arte, Eleonora Fuser, ad impreziosire questo video ufficiale che fotografa forse la parte meno sperimentale e più melodica di un brano visionario come “Cortango” – il tango della maschera. Perché “Il coraggio” è un disco che lascia poco appiglio alla normalità delle melodie e richiede immersione e richiede devozione, dove lo stilema si infrange e dove anche la più piccola previsione si rompe contro la salvifica libertà della sperimentazione. Anche questa è la ricchezza della scena indie italiana.
Miranda Cortes e questo che possiamo definire il tuo primo disco solista fatto, pensato e scritto in un certo modo?
Si, è il mio primo album fatto e firmato interamente con la mia penna sia come composizione che come direzione artistica. Ma se guardassimo la cronologia dei miei lavori discografici, questo sarebbe il decimo album. Ho registrato in precedenza altri lavori con musicisti differenti, alcuni di questi cd hanno anche dei miei brani come nell’album “Ndar” registrato con Rachele Colombo, oppure in “Ferme tes yeux” con La Frontera
Libertà è anche sinonimo di avanguardia secondo te?
Sono in stretta relazione. La Libertà si basa sulla conoscenza, sul pensiero critico e sulla ricerca. Nel primo Novecento l’Avanguardia si caratterizzò per la libertà di ricerca con Schoenberg, Stravinsky prima, e poi nel dopoguerra con la scuola di Darmstad, i grandi maestri come Maderna, Berio, Schaeffer, Boulez e molti altri, pozzi di conoscenza che utilizzarono la loro libertà creativa per innovare e guidare nuove tendenze musicali. L’avanguardia si opponeva all’industria culturale, dava spazio a nuovi linguaggi, offriva nuovi orizzonti sonori e non poneva il consenso del grande pubblico tra i suoi obiettivi….poi sappiamo com’è andata a finire…MI sarebbe piaciuto vivere la scena musicale di quegli anni, c’era un ‘effervescenza, una verità dell’essere in quello che si faceva che oggi non ritroviamo più.
Si intitola “Il Coraggio” questa grande prova d’artista di Miranda Cortes, musicista francese di stanza a Venezia che giunge grazie alla sempre puntuale attenzione della RadiciMusic ad una pubblicazione impegnativa e (se mi si concede il termine) definitiva in quanto a manifestazione di se. Un disco dentro cui la fisarmonica la fa da padrona, dentro cui è la contaminazione nella sua totale libertà primigenia a fungere da fulcro e da ispirazione per la trame del disco. Avanguardia in un senso nobile ed elegante, dal tango al rock passando (timidamente) per i suoni elettronici ma lasciando ovunque quel senso di reale e di istintivo. In rete campeggia il video di “Cortango”, un estratto del brano più esteso che troviamo dentro la tracklist ufficiale e che nel video ospita la regina della maschera italiana, Eleonora Fuser. Un lavoro dunque che par divenire un disco difficile, impegnativo, che richiede e pretende un ascolto privo di ottusa necessità del conosciuto. Evasione e immersione.
Io partirei dal concetto di maschera che campeggia dentro questo video… per te cosa significa?
Direi che La maschera rappresenta ciò che non ci è dato di sapere, dietro di lei potrebbe nascondersi di tutto, com’era in effetti la sua funzione rituale in origine quando le persone agivano senza essere riconosciute. Personalmente la considero inquietante per la sua immobilità, per la sua assenza di vita, una sorta di ipnosi mescolata alla paura. L’attrice Eleonora Fuser, un gran Maestro nella Commedia dell’Arte veneziana e una mia cara amica, è la protagonista indiscussa del video. Indossa la maschera della Strega, la prima maschera al femminile inventata dal lei negli anni ’80, quando la Commedia dell’Arte offriva nel suo repertorio solo maschere maschili. Il video ritrae l’incontro tra la Maschera e la Musica, insieme volteggiano, si annusano, si guardano e si conoscono.
E parlando di coraggio, prendendolo a prestito dal titolo di questo disco? Oggi cos’è il coraggio e cosa significa per te?
Il coraggio è il sale della vita, è saper fare un passo avanti, osare, saper navigare nelle burrasche degli oceani umani inseguendo la giustizia, l’onestà, l’amore per il prossimo, valori immutabili che dovrebbero guidare la nostra esistenza su questa pianeta. Altrimenti che senso avrebbe vivere? Sottrarsi da questa responsabilità umana non avrebbe senso. I papaveri rossi che ho scelto come copertina del mio cd sono un esempio di coraggio, perché sono piccoli fiori delicati piegati al vento, eppure con grande forza rimangono ben saldi al terreno.
Un disco come questo di Miranda Cortes è un disco di grande coraggio. La sperimentazione, la ricerca, lo studio… un linguaggio decisamente lontano dal mondo liquido di oggi. Tu come ti ci rapporti?
Come mi rapporto con il mondo di oggi? Sono molto scettica in generale, nel senso che i media di largo consumo hanno dimenticato da lungo tempo la funzione primaria per cui erano stati creati, ovvero quello di acculturare le menti con la ricerca, la conoscenza profonda delle cose… Ha vinto la Tv di Mediaset con lo svago ad ogni costo, la semplificazione, il livellamento dei gusti e questo accade non solo sul piano musicale ma in generale su tutti gli aspetti divulgativi. Pertanto chi fa ricerca oggi addentrandosi in linguaggi che chiedono ascolto viene etichettato come “difficile” oppure di “nicchia”,quando invece basterebbe un pochino di disponibilità in più per capire quello che si sta ascoltando… Che dire? Assolviamo il compito di sollecitare la curiosità altrui! Un disco come il mio può essere ascoltato da chi è curioso di conoscere al di la di tutto, e in fondo mantengo una speranza che possano essere in tanti…
Il Coraggio” (The Courage): an important title for the last album by Miranda Cortes released a few days ago by the label Radicimusic Records; a work with a strong identity, as revealed by the presentation of the author: "I have reached the threshold of a time that asks me to take out of me everything I have learned, listened, played and digested. I have always loved to write in silence poetry and music; I waited to be pregnant with dreamlike intuitions and polychrome sound visions and this feeling arrived in a decisive way in 2020.
This is my solo work from A to Z. Starring the Accordion, guests the cello, violin, viola, electric guitar and electronics.
My composition includes years of studies and research, this work is a synthesis and the innovation of my experiences from classical music to new music, from rock to live electronics, from tango to combat folk, from the heterogeneous and precious traditions of the Mediterranean to french music as the songwriter Jacques Brel".
Can you tell us about your last record work? First of all, what led you to this solo creation?
Fourty years playing music in my heart and my mind! Many of my writings remained in the desk drawer, other things were published in previous albums depending on the collaborations in progress. For example, Aquarium Venitien on the CD 'Ndar' with a special guest, Gianni Coscia, was a great opportunity for my music and for me. In the same disc I published Hypermarché - La nuit du Redentor, Marcelle B. dedicated to my mother. Other songs such as Muzar and L'oubli et le Papillon composed in four hand with Rachel, basically reflect my poetic and my musical vision. For years I was thinking of a project on my own and in 2020 it came with force, a year of border, a year of deep introspection in which I decided firmly to describe my parallel world. I materialize my imagination in sound, creating compositions in which being a musician becomes a single dimension with poetry, painting, dance, something in continuous movement in front of me. A walk, a prayer, a journey, a meeting, a memory are moments of everyday life, but first of all, there is my admiration for an incomparable artistic masterpiece: the Creation. I chose a strong title for this last album, Il Coraggio, because I think it is an inexorable principle of life with which we have to deal every day. The Courage to love unconditionally, courage to be, courage to face the great questions of existence and the storms of our inner oceans. It was not easy to complete the whole recording phase in the studio, the "health" restrictions certainly did not help musicians hosted in some tracks. And by the way I present them: the cellist Emanuele Praticelli of Padua; two amazing companions of many musical trips, Michele Pucci and Michele Sguotti of La Frontera quartet, Together we worked intensely on the research and study of the traditional music of the Mediterranean; the composer Simone Faliva, with whom I shared the song La Terre et le Ciel, an avanguarde piece with voice, accordion and electronics.
Any details about the CD and the songs you wrote?
There are nine track like September, my month. The cover of the CD is wonderful, I was looking for a portrait of floral beauties and the photographer, Mario Lunetti, proposed me something magic, splendid red poppies of the field in a dark grey background. I often look at these delicate little flowers, they could be wiped out in a moment, but their firm roots in the ground show all their strength and courage. I also look at human beings, which I cannot define differently than a shadow, too often shine for their wickedness and our future appears uncertain. Each composition has beauty and uncertainty, each one reflecting light and shadow. Sempre and La Terre et le Ciel, which open and close the album, represent the beginning and the end of my poetic and both play the same musical refrain. My accordion is the protagonist in Sempre, for its enormous expressive power, which contains within itself the source of life: the Breath. La Terre et le Ciel, with electronic experimentation, is inspired by my study of contemporary music, an aspect that also transpires in other tracks of the album such as Cortango and il Treno, like the individual search in life steps. Prière dans la nuit for voice and string quartet tells my night walks in my city,Venice, from Rio Marin to San Marco. I contemplate the time that here stopped and my thought becomes prayer. Le diable ça va is a tribute to the singer-songwriter Jacques Brel, a reworking of his first success, which, after seventy years, perfectly describes our present time, and then Valse Lunaire, Promenade, Le Tarn...
How much is important the place where you lived in your writings and composing?
I could say THE places... France, where I grew up, because of its multiculturality, living since early childhood with Africans, Indians, Maghreb, Italians, Portuguese fellows, the sound of their language, going to the market and finding their music and tapes (now relics) that I regularly bought... So many sound worlds in my head. The plateau of Asiago in Italy, a little mountain house 1057 meters high, the silence, the snow, the short and windy summer, the incomparable beauty of nature and the encounter with its Creator. That place where I lived allowed me to have an extraordinary panoramic view, when the wind brushed the air well, I could see the water horizon of the Venetian lagoon. Venice, wonder you never stop contemplating. I am always surprised by the human ability to know how to build magnificence with their own hands, but it does not end here: the lagoon mirror in which Venice stays is spectacular, so many colours, reflections continuously different capture eyes, the mind and the spirit. I always contemplate the weak boundary between water and sky, a line of contact towards the Ineffable. I confess that Mario Lunetti photos' in the promo video, and in my CD clearly evoke the Venetian spell and, in general, the miracle of Creation. These places are cornerstones of creativity in my music writing.
Can you describe your relation with accordion?
A happy relationship! It is my dress, but I confess that sometimes the anger takes over, especially for travelling outside Venice, not having the car outside home makes the difference... Seriously, the relationship has always been smooth, I love playing the accordion since I was a child and I have always done it with great facility from the years of training onwards. It makes me smile the colourful memory of the various instruments that I have embraced over the years: the first one, a Fratelli Crosio, beautiful silver sequins, the second a blue Lucchini, then for my classical studies a black Zerosette replaced by a black Borsini. In the meanwhile, a gift from my brother, a red Zerosette with a light veil of sequins, and then a small black Todaro with single notes. I recognize that the classical accordion offers many possibilities, stimulating repertoires of XVI-XVII century literature to contemporary music, a wide range of sounds. But I never wanted to mythologize my instrument. I do listen to accordion performers with attention and interest, yes, perhaps with greater intensity in limited periods, but most of all I prefer understanding all instruments, timbre differences, executive possibilities, plurality of repertoires. I consider accordion a wonderful sounds oppportunity to express myself with skill and I’m happy about it; at the same time, I feel the need to wonder elsewhere... playing more instruments in different ways is like feeding myself and it is useful to understand the different executive practices for composing.
It seems more and more difficult to be a musician nowadays. What is your impression?
We can give a wellknown answers, but I’d go even further. In this historical phase, many things have finally become transparent: function of art has been clarified once and for all aloud, that is, NOTHING, zero, this is the value that has been recognized to it, and that in the name of security. That means making empty theatre, places of cultural reflection, cities streets, while appropriate alternatives could be identified. Not even in May 1945, during the Red Army bombing of the German capital, the Berlin Philharmonic Orchestra didn't interrupt its performance of Ludwig Van Beethoven’s Symphony No.5 which it was performing in the Radio Hall of the capital. It is quite difficult to recognize the reason to be a musician nowadays...an oligopolistic market that monetizes every life moments and dictates the rules of survival, not towards merit, but towards productivity, towards noise, towards a sterility of content and styles. Money enslaved us. We live a gallop in unstoppable acceleration, with a dominant cultural industry and controlled mass media. I can say that precisely for this reason I have the desire to make ART more than before, to react to what is happening. Looking to the past, in etymology we find the meaning of the word “art” as “Tekhnè” from the ancient Greek (τεχνη), that means manual and artisanal skill that also implies creation as innovation, the beauty's sake. Just consider the Italian Renaissance... Therefore, a deontological reflection (who we are, what shall we do today) would not be out of place. Culture exist in order to stay together, it represents a fundamental aggregative function and we cannot miss that.And concerning “online concerts”, it is no sense, playing can’t exist without looks, smiles, applause, breaths, bodies and comments of people. Somebody says that we have to "go back to the cellars"for starting creating again, and I add "go back to the streets to play" is more better, so to feel alive and relate with people.